Raul Montanari




L'esistenza di dio



Dalle note di copertina

L’amore, la gratitudine e l’amicizia possono uccidere? Forse sì, quando Dio lascia cadere sulle vite degli uomini uno sguardo così distratto da sembrare crudele.
In carcere per un delitto di cui è parso fin troppo ansioso di dichiararsi colpevole, Adriano ha salvato un ragazzo, Bruno, da una violenza sessuale. Ma Bruno non è un detenuto qualsiasi: è il figlio di un boss malavitoso.
Oggi Adriano esce dalla prigione e trova Bruno ad aspettarlo, pieno di una riconoscenza che finisce per rivelarsi pericolosa per lui, per i suoi affetti e per tutto il mondo che cercherà di ricostruire intorno a sé. Così Adriano dovrà alla fine affrontare Bruno e mettere in gioco la propria esistenza per salvare quella delle persone che ama.
Ambientato in una Milano visionaria, questo thriller psicologico sorprendente assume le cadenze di una tragedia greca, dove il destino incalza l’eroe costringendolo a scelte drammatiche, e la ricerca della felicità perduta diventa una riflessione sulla colpa, la responsabilità, il sacrificio di sé. Il mafioso gentile Bruno e il terrificante Rigoletto dagli occhi senz’iride, l’amico d’infanzia Carlo e le due opposte, affascinanti epifanie femminili di Bianca e Federica giocano con Adriano una partita la cui posta è il senso della vita di tutti, e in cui i sentimenti uccidono o salvano più dei coltelli, dei proiettili, delle mani.






Giudizi critici

“Un appassionante thriller esistenziale... un affascinante eroe tragico del nostro tempo, in lotta con il destino” (Chicca Gagliardo, «Glamour»).

“Una Milano vista, vissuta, raccontata e amatissima” (Marta Cervino, «Marie Claire»).

“Un libro che ti perquisisce l’anima: non ci sono proiettili a uccidere, ma sentimenti. Senza dubbio il migliore fra i libri di Montanari” (Gian Paolo Serino, «Repubblica»).

“...è anche un libro ricco di humour e di continui cambi di atmosfere... dietro a tutto questo, un Dio che non risponde, un Dio il cui silenzio, tra le pagine e nella vita, inizia a diventare assordante” («Kult»).

“Come ogni grande moralista, Montanari ha un solo reale interesse: la natura umana, con le sue miserie e i suoi splendori, i dilemmi etici e le aspirazioni all’assoluto; e scrive affinché questa natura si riveli pienamente, nelle sue ombre e nelle sue luci” (Sergio Garufi, «Stilos»).

“La Milano visionaria che fa da sfondo alla primavera nera del protagonista è un concentrato di vite senza un futuro certo. Montanari rincorre i suoi personaggi con una frenesia avviluppante, nevrotica... si conferma ancora una volta scrittore attento e profondo. Uno scrittore sguinzagliato, selvaggiamente onesto e vero, una sorta di sanguigno Balzac metropolitano che racconta il suo tempo con sadica disperazione” (Sergio Pent, «Tuttolibri»).

“Il romanzo si compone di verità sottili, che si oppongono a un facile setaccio. C’è il formicolio di una tensione sempre viva e un linguaggio la cui semplicità – come accade per le penne più felici – è frutto di maestria coltivata” (Grazia Verasani, «Repubblica»).






Visto da me

Insieme a La perfezione, a Che cosa hai fatto e a Chiudi gli occhi, questo è il mio romanzo preferito. Finisce la trilogia ideale iniziata con Chiudi gli occhi e proseguita con La verità bugiarda. Non solo questi tre romanzi rappresentano un allontanamento graduale dai codici del genere noir, ma ci sono fra loro legami e rimandi. Penso però che L’esistenza di dio indichi davvero una strada nuova, per l’umanità dei personaggi e l’accento fortissimo messo sul combattimento fra destino avverso e volontà individuale.
L’Adriano di questo romanzo ha perso tutti i connotati in qualche modo eroici che aveva l’Andrea di Chiudi gli occhi e perfino il fascino tenebroso ed esotico del Chris della Verità bugiarda. E’ in tutto e per tutto uno di noi, e questo rende particolarmente credibile la sua vicenda e commovente il coraggio che dimostra nell’affrontare una situazione minacciosa, specie considerando che le persone che lui decide di difendere a costo della propria incolumità non hanno fatto un granché per meritarselo.
Il dio del titolo non è solo una mia ossessione privata (peraltro condivisa con alcuni miliardi di persone), ma entra nel romanzo in molti modi: è nascosto nel buio delle chiese che Adriano visita senza motivo, è nella trama del delirante spettacolo teatrale Bibbia Remix che viene descritto a un certo punto, è nella scena del prete che ha una crisi di coscienza al capezzale di una moribonda, una delle più strazianti che ho mai scritto. E, soprattutto, durante un gioco di società viene fornita dell’esistenza di dio una prova davvero inedita, che prende in trappola il lettore con un meccanismo affine a quello sperimentato in Sei tu l’assassino, ma con diverso peso poetico.






La prima pagina

Portati in casa una pazza e farà impazzire anche te.
Non so perché furono queste le uniche parole che mi vennero alla mente, e ci rimasero a lungo, mentre ero affacciato alla finestra e guardavo il corpo di mia moglie steso sull’asfalto, venti metri sotto di me.
Forse fu perché quello stesso giorno ero tornato dall’ospedale dove era morta mia madre, e sapevo che era stata lei a pronunciare quella frase, la prima volta che le avevo parlato di Sara. O forse perché davvero ero pazzo anch’io, da tempo.
Pioveva, dopo tre mesi di siccità, e le gocce mi colpivano la nuca, rimbalzavano sul davanzale a cui appoggiavo le mani. Sara stava laggiù supina, nuda, con le gambe aperte e un braccio di traverso sul suo piccolo, bellissimo seno. La faccia mi guardava, mentre una pozzanghera rossa si allargava dietro la testa. Ansimavo, il sangue mi colava dai graffi che lei mi aveva lasciato sulle guance e sulle mani, e sentivo i pugni di Carlo picchiare contro la porta di casa, la sua voce spaventata che gridava il mio nome:
“Adriano! Adriano, cosa succede? Aprimi! Adriano!”
Carlo sapeva che eravamo in due, lì dentro, non poteva aver visto il volo di Sara, eppure chiamava solo me. La gente laggiù cominciava ad avvicinarsi al marciapiede dove lei era caduta, davanti al portone del palazzo, e le facce spuntavano da sotto gli ombrelli e scrutavano la finestra all’ultimo piano, dove stavo io. Guardavano lei e guardavano me, su e giù, senza parlare. Una donna con un cane sbucò dietro l’angolo, vide il corpo a terra, si piegò in due e svenne. Il cane cominciò ad abbaiare. Non sapevo se qualcuno mi aveva visto lottare con Sara. Dall’altra parte della strada c’era l’oratorio, e il custode era uscito con sua moglie e mi indicava con il braccio teso. Alle mie spalle Carlo continuava a gridare: “Adriano! Adriano!”.
Alla fine, sopra il rumore del traffico di Milano e i colpi alla porta si alzarono le sirene dell’ambulanza e della polizia, prima lontane e poi improvvisamente vicine, e mi sembrò di riconoscere per la prima volta questo suono, che pure mi era familiare da quando ero bambino... mi sembrò di capire solo ora che tutte le sirene udite negli anni non erano state che una preparazione per quelle che sentivo adesso. Erano come l’inno nazionale prima di una partita di calcio: un inizio e una fine in cui precipitava la mia vita, com’era stata fino a pochi minuti fa. Là sotto tutti avevano fatto cerchio intorno al corpo di Sara, qualche ombrello la copriva, ma gli occhi rimasero nudi e azzurri sotto la pioggia, e non smisero mai di guardarmi.