Raul Montanari




Sei tu l'assassino



Dalle note di copertina

La soluzione più impensabile, l’unica finora mai escogitata, l’unica irripetibile. Il giallo in cui l’assassino è il lettore.





Giudizi critici

“Una trovata semplice e geniale” («Avvenimenti»).

“Già soltanto l’applicazione dell’idea assicurerà all’ingegnoso Montanari un posto nella storia del romanzo giallo. Le pagine finali del libro... sono fra le più intense che Montanari abbia finora scritto: degne davvero di stare accanto alle migliori di Sciascia e Dürrenmatt” (Pietro De Marchi, «Il Corriere del Ticino»).

“Il mondo in cui si muovono i personaggi di Montanari è un mondo enigmatico e beffardo... la pena di un esistere che si illumina solo di radi e precari bagliori è tutta inscritta nella centralità del corpo. Il narratore si costringe a un rigore costruttivo... che intensifica le tensioni cercando di dominare l’incandescenza della materia” (Bruno Falcetto, «Linea d’ombra»).

“Un virtuosismo: ma non gratuito” (Francesco Durante, «D»).

“E’ molto più di un’incursione nel romanzo di genere, se non il contrario... Nelle prime sessanta pagine Montanari costruisce una visione della città allucinata, come dentro un sogno nerissimo, nel quale si accampano particolari inquietanti, premonizioni o annunci del disastro” (Fulvio Panzeri, «L’Avvenire»).






Visto da me

Be’, l’idea era buona. Mi era venuta leggendo le Postille al Nome della rosa, là dove Eco riferisce che gli intellettuali francesi d’avanguardia dell’Oulipo avevano costruito una matrice di tutte le possibili trame di un giallo, ed erano arrivati alla conclusione che rimaneva solo da scrivere il giallo in cui l’assassino fosse il lettore. Ovviamente questa era una battuta, un modo per dire: l’unica cosa che non sappiamo ancora fare è coltivare gerani su Saturno. Ricordo ancora quel pomeriggio dell’86 in cui mi misi a pensare se non fosse possibile escogitare un meccanismo che rendesse effettivamente il lettore assassino dentro il libro che sta leggendo... e lo trovai con molta facilità. Una facilità sospetta, penso adesso: forse significava che questo libro non doveva essere scritto. Camilleri disse che era il giallo più ambizioso che avesse mai letto, e aveva ragione.
Essenziale perché la trappola scatti è la presenza nel libro della card che vedete riprodotta accanto alla copertina. Se avete una copia di Sei tu l’assassino priva di questa dannata card, stampatela da qui, ritagliatela e usatela come segnalibro. Ne varrà la pena.
Storia e personaggi sono un po’ sacrificati all’idea, anche se qualche pagina rimane suggestiva. A Tiziano Scarpa è sempre piaciuta la scena con la breve apparizione dei due cani avvinghiati; a me la camminata iniziale del protagonista verso la morte, le simmetrie fra le due parti della storia e il finale.






La prima pagina

Quella mattina Alessandro Allievi uscì dai propri sogni di colpo, con un sussulto e un gemito soffocato. Allungò la mano verso la massa grigia del comodino. Riusciva appena a vederlo, nella penombra. Afferrò la sveglia elettronica e illuminò il quadrante: le sei in punto.
Con un sospiro, si lasciò ricadere supino. Mancava un'ora e mezza al momento di alzarsi per andare al lavoro, e il danno era fatto; adesso riaddormentarsi sarebbe stato difficile, forse anche inutile. Già, tanto valeva andare a farsi un caffè. La giornata cominciava male.
Sua moglie mugolò e cambiò posizione voltandosi verso la finestra - prima doveva averla disturbata, muovendosi. Prese un profondo respiro e gemette nel sonno:
«No... gli occhi no, non...»
Gli occhi. I suoi occhi? Stupito, Alessandro rimase in ascolto, trattenendo il fiato senza accorgersene, ma lei non disse più nulla.
Allora girò piano la testa e la spiò. Chissà cosa stava sognando? Le lenzuola in disordine, tirate e ammonticchiate, marcavano l'avvallamento della vita facendo risaltare il rilievo della spalla e del fianco, e visto così il corpo della donna somigliava alla sagoma disegnata sul segnale stradale che annuncia una serie di saliscendi. Per un attimo rammentò quella sensazione piacevolmente angosciosa, quando l'automobile si tuffa verso il basso mentre il corpo sembra partire per la tangente e volare via, senza più peso.
Gli venne voglia di seguire con la mano il contorno di quelle curve. Fece per toccarla, ma qualcosa glielo impedì, e l'inizio del sorriso invisibile che gli si era dipinto in faccia sfumò nel buio. La sera prima avevano avuto una discussione violenta... Non era stato un sogno, quello.